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Immagine del redattoreMarina Bergonzi

“Tina Modotti. Donne, Messico e libertà” al Mudec di Milano

Aggiornamento: 24 giu 2021

(Articolo scritto per il magazine Art Nomade Milan News, di Elisabetta Roncati)



Nell’ambito del palinsesto “I talenti delle donne”, dedicato dal Comune di Milano alla creatività femminile, a maggio 2021 ha aperto al pubblico la mostra “Tina Modotti. Donne, Messico e libertà” presso il Museo delle Culture di Milano.


Curata da Biba Giacchetti e organizzata con il Comitato Tina Modotti di Udine, la retrospettiva raccoglie più di cento fotografie di una delle più grandi interpreti femminili dell’avanguardia artistica del Novecento.


Il percorso espositivo si articola in tre diverse sezioni tematiche che ripercorrono in senso cronologico l’evoluzione del linguaggio formale della fotografa: dalla ricerca naturalistica ai ritratti commerciali ed alla fotografia sociale del periodo politico.


Questi, come altri filoni narrativi verso i quali si indirizza la ricerca di Tina Modotti, sono sintomo evidente di una personalità poliedrica, dedita alla sperimentazione e animata da un’incessante passione per la vita e fede nella libertà, difesa strenuamente fino alla morte.


È il racconto di uno spirito libero, rivoluzionario e anticonformista, mosso da un ideale di uguaglianza sociale e di genere che rende questa figura un esempio ancora attualissimo di impegno a favore dell’emancipazione femminile e del progresso della società.



La mostra è completata da alcune stampe originali ai sali d’argento degli anni Settanta realizzate a partire dai negativi di Tina, ma anche da lettere e documenti conservati dalla sorella Jolanda, oltre a video che illustrano la sua militanza politica e umana.



Assunta Adelaide Luigia Modotti nasce a Udine il 16 agosto 1896, seconda di quattro sorelle e due fratelli, all’interno di una famiglia di umili origini, perfettamente calata in un contesto proletario.


Già da piccola è introdotta nell’ambiente politico dal padre, tra i primi ad iscriversi al Partito Socialista Italiano, il quale porta spesso con sé Tina ai cortei e alle manifestazioni organizzate per il Primo Maggio.


Parallelamente, la giovane Tina si avvicina alla fotografia, che conosce e sperimenta grazie allo zio Piero Modotti, proprietario di uno studio fotografico specializzato in ritratti di famiglia, fino a raggiungere il padre e la sorella maggiore Mercedes a San Francisco e avviare l’importante collaborazione con il maestro della fotografia Edward Weston, per il quale posa come modella.


Negli anni Venti del Novecento, dal contatto con la variegata cultura messicana, scaturiscono i primi scatti di Tina, dedicati inizialmente ad oggetti del quotidiano ritratti in primo piano come bicchieri e calle, ma anche fili elettrici, scale e tende da circo. Sintesi di uno sguardo semplice ma potente, sensibile alla geometria delle forme.


Il passare degli anni vede una progressiva acquisizione da parte di Tina di una maggiore sicurezza e padronanza del mezzo espressivo, sempre più indirizzato alla rappresentazione della realtà e alla denuncia sociale attraverso la documentazione oggettiva della miseria e della sofferenza del popolo messicano.



Alla fine degli anni Venti, Tina è ormai una fotografa sociale e il suo impegno politico diventa tale per cui il mezzo fotografico verrà abbandonato in nome di una rivoluzione non solo artistica ma anche e soprattutto sociale e politica.


Insomma una fotografia onesta, sincera, senza trucco né manipolazioni. Una fotografia che evita qualsiasi effetto “artistico” per registrare e fissare in modo diretto la realtà, omaggiata da una mostra al tempo stesso delicata e potente, voce di una donna innamorata della verità.


Mari

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